Qualche settimana fa ci ha lasciato Marco, un uomo affetto da autismo, che ha vissuto per anni in un piccolo paese in provincia di Napoli. I suoi genitori, andati via qualche anno fa, scoprirono all’età di 6 anni che il loro primo e unico figlio era affetto da una grave forma di autismo che costringeva Marco all’isolamento. Per anni non ha interagito con nessuno, tanto meno con i suoi compagni di scuola, non pronunciava alcuna parola, preferendo il silenzio alla compagnia dei suoi coetanei.
Siamo verso la fine degli anni ‘80 e come tutti i giorni, durante la primavera, Marco si fermava a guardare per lunghe ore gli alberi che si muovevano nel suo giardino, oggetti in movimento come uccelli, foglie, che ogni tanto catturavano la sua attenzione. Ma il vero miracolo avvenne nel marzo di quello stesso anno. In una delle tante mattine, in quel giardino si avvicinò un randagio, un piccolo meticcio, di appena 6 mesi di vita, a metà tra un cane lupo cecoslovacco e un pastore tedesco.
Probabilmente aveva perso la sua mamma girovagando in quel piccolo paesino di montagna, arrivando lì in quel giardino dove Marco era solito fermarsi.
La scena mi fu raccontata da suo padre, che dalla finestra ogni tanto dava uno sguardo al suo Marco. Quel piccolo batuffolo, smarrito e affamato, si fermò proprio ai piedi del piccolo Marco, guardandolo, restarono entrambi fermi a guardarsi negli occhi per un tempo infinito. Poi, come mai era accaduto prima, Marco si chinò e come se avesse già visto quella scena nei libri che il padre gli leggeva, accarezzò quel suo nuovo amico a quattro zampe, l’unico a cui da quel giorno Marco consentiva di potersi avvicinare e di poterlo leccare sul viso.
E così, giorno dopo giorno, quel nuovo amico a quattro zampe riuscì a guadagnare sempre di più la fiducia di Marco, molto più di quanto in così tanti anni fossero riusciti ad ottenere i suoi stessi genitori. I due in poche settimane cominciarono a dormire vicini, cosa mai accaduta nemmeno con un peluche, che non poteva nemmeno essere poggiato sul letto.
Passarono le settimane, e Marco passava dal semplice gesto di accarezzarlo a recarsi in cucina per riempire la ciotola con i croccantini per il suo amico. Fu un momento magico: quel nuovo amico a quattro zampe, ancora senza nome, alzò la testa, scodinzolando felice, e Marco sorrise per la prima volta!
Da quel momento, qualcosa cambiò. Giorno dopo giorno, Marco iniziò ad interagire sempre di più con quel piccolo lupetto, che cresceva a vista d’occhio. Ogni giorno i due passeggiavano affiancati, cosa mai accaduta prima. Un pomeriggio, mentre per Marco riempiva quella ciotola con precisione millimetrica, per la prima volta in vita sua pronunciò “Bio”.
Non sapremo mai cosa volesse dire, e perché, ma è certo che Marco aveva assegnato al suo amico quel nome. Per mesi e anni, lo ha pronunciato, e per mesi e anni, “Bio” ad ogni segnale di Marco, era subito pronto a correre da lui scodinzolando. E così giorno dopo giorno, se pur in modo appena comprensibile, Marco ha iniziato a pronunciare le prime parole, alcune delle quali poco comprensibili ai più, ma perfettamente capite da “Bio”, che sembrava comprenderlo al volo.
Se Marco diceva “Bio, acqua” il cane lo seguiva fino alla cucina, dove aspettavano insieme che la ciotola si riempisse o ancora, “Bio, palla” ed il cane correva a prenderla portandola a Marco, che la riprendeva e la lanciava all’infinito, e Bio, seppur stanco, non si fermava mai, per non tradire la fiducia di Marco.
Passarono i mesi, il rapporto tra Marco e “Bio” era unico. Marco interagiva, imparò a presentare quel suo amico a tutti i passanti che incontrava, ne raccontava, nel suo modo speciale, i giorni che trascorrevano insieme, e ad ogni singola frase, tra loro due c’era sempre uno sguardo che incantava tutti.
Questo legame tra Marco e Bio durò per molti anni. Marco crebbe, diventando un giovane uomo, imparando a comunicare meglio anche con le persone. Dopo 14 anni insieme, “Bio” se ne andò, ma ciò che avvenne fu un vero miracolo: quel cane aveva lasciato in lui un dono inestimabile, la capacità di aprirsi al mondo e di trovare la sua voce. E così, per lunghi anni, anche se “Bio” non c’era più, il loro amore continuava a vivere. Marco per anni continuò a riempire la ciotola di croccantini, e per anni, nel suo linguaggio, raccontò a chiunque incontrasse, i giorni che trascorrevano insieme al suo “Bio”.
Non so quanto questa storia mi abbia influenzato, ma è certo che questa, come tante altre, ha sollecitato in me, oggi da Consigliera Regionale, la volontà di lavorare in prima persona alla stesura ed alla approvazione qui in Campania della nuova legge sulla Pet Therapy, di cui vado orgogliosa e che sono certa aiuterà i numerosi bambini e giovani come Marco nella dura sfida che li aspetta unitamente alle loro famiglie, sfida che non deve vederli soli ma affiancati con consapevolezza e senso di responsabilità da parte di tutte le istituzioni.