Qualche anno fa era ancora possibile incontrare Maria Perrotta, la conobbi un pomeriggio di alcuni anni fa. Per anni è stata una delle sarte più richieste della città di Napoli, aveva imparato a cucire da piccola, quando alle donne veniva riservata solo la formazione nel cucito.
Sapeva ricamare splendidamente; per anni, le camicie di molti uomini della città hanno portato le iniziali da lei cucite, perfettamente posizionate sotto il quarto bottone sul lato sinistro. Ognuno con le proprie preferenze: chi le voleva sul polsino, chi sulla parte interna del collo, chi sulla tasca.
La sua vita non è stata semplice: aveva sposato Mario, suo marito, che per anni ha lavorato alla ex Italsider, poi chiusa. Con i due figli, Maria ha portato avanti quel duro lavoro, ma quando il marito, rimase in cassa integrazione per anni fino alla misera pensione, fu lei a sostenere la famiglia.
Maria raccontava spesso di tante ragazze, orfane come lei, che avevano imparato quel mestiere, ormai raro ai giorni nostri. Una di loro era Lucia, più grande di lei, con la quale nacque un’amicizia che durò tutta la vita. Maria e Lucia aprirono un piccolo negozio di sartoria, che mantennero per anni. Si sposarono nello stesso periodo e ebbero i figli più o meno nello stessi mesi. Un’amicizia che resistette agli anni.
Partite da zero, vestirono tutti: nobili, marchesi, dottori, notai. La loro fama era tale che chiunque a Napoli si rivolgeva a loro. Tuttavia, ciò che si racconta poco è che grandi e infaticabili lavoratrici fossero, come non smettessero mai di lavorare: al mattino si dedicavano alle faccende domestiche, preparavano la colazione per mariti e figli, e poi iniziavano il loro lavoro.
Ma la vera magia accadeva di notte, quando tutti dormivano: con i tessuti avanzati cucivano abiti per chi non poteva permettersi un vestito nuovo.
Ricordo in particolare l’abito che realizzarono per il matrimonio dei coniugi De Rossi, due giovani del quartiere, lui apprendista, lei aiuto parrucchiera. Pur non avendo soldi, Maria e Lucia confezionarono per loro degli abiti elegantissimi, come non ho mai visto, interamente fatti a mano.
Sempre di notte, realizzavano abiti per i tanti ragazzi soli, senza genitori, tra cui Arturo, uno degli scugnizzi rimasto ferito durante le Quattro Giornate di Napoli. Arturo, nonostante fosse solo e senza nulla, per anni è stato “vestito” dalle due sarte.
Gli anni passarono, e così Arturo, partendo dal nulla, divenne uno dei notai più famosi della città. Sebbene potesse permettersi abiti alla moda, non smise mai di andare in sartoria, portando le sue camicie per far ricamare le iniziali.
Un animo nobile quello di Arturo: ogni volta andava lui stesso a ritirare il lavoro e lasciava sempre molto più di quanto dovuto, come segno di gratitudine per ciò che le due amiche avevano fatto per lui quando era solo, povero, ferito e senza famiglia.