Storie Campane di cuore e passione n 3: Le mani intrecciate di Rosa e Vincenzo
Qualche giorno fa mi trovavo nella sala d’attesa di un ambulatorio medico, accompagnavo mio marito Marco ad una visita di controllo dopo la sua recente operazione di protesi all’anca.
Siamo i soli in attesa, ma dopo un po’ entra una coppia di ultra ottantenni, tenendosi per mano. Salutano sorridendo e siedono di fronte a noi, senza mai lasciarsi le mani, strette come due giovani innamorarti.
Il loro viso è disegnato dal tempo.
Non segnato, ma disegnato.
Dopo tanti anni, quelle loro mani non si cercano più, ma si intrecciano in modo automatico, quasi magnetico.
Li osservo mentre si guardano e in quegli sguardi profondi vedo riflessa la loro vita.
Rosa e Vincenzo, immagino che siano questi i loro nomi. E mi sembra di vederli al mattino presto, davanti al primo caffè in cucina, discutere sui loro figli, dei loro numerosi nipoti, su come aiutarli e come sostenerli al meglio. Sono quelli i loro primi pensieri del mattino, mentre Rosa anche dopo aver lavorato più di 50 anni come commessa in un negozio di alta moda, ancora bella ed elegante, serve al suo Vincenzo, un tempo ragioniere in una grande fabbrica della provincia di Napoli, caffè caldo appena preparato.
Lui ha lo sguardo un po’ troppo severo, ma dalla sua espressione mentre la guarda si capisce che per lei farebbe di tutto, anche inseguirla disperatamente da una bancarella all’altra del marcato rionale.
Oppure mangiare quel petto di pollo ospedaliero, dietetico, che lei gli propina ogni venerdì sera, prima del weekend, così come il loro medico di fiducia ha indicato nella dieta di Vincenzo.
Dopo tutti questi anni insieme, adesso lei deve ripetergli le cose ad alta voce per farsi sentire, prendendolo in giro in modo ironico, se lui capisce fischi per fiaschi.
Ma quando lo guarda mangiare quel petto di pollo, il suo cuore sorride perché sente di essere amata. Per lui ha fatto di tutto, anche cambiare vita, casa, quartiere, ogni qualvolta lui l’abbia chiesto.
Quando io mi trovo davanti ad un amore così, non posso fare a meno di pensare che la vita ha tutto un altro senso, quasi metafisico.
E non posso fare a meno di commuovermi in silenzio pensando all’inestimabile ricchezza rappresentata dai nostri anziani, oggi fondamentali per tante giovani famiglie non solo per la cura dei nipoti, ma anche per essere, al tempo stesso, esempio di grandi sacrifici e fonte di preziosi insegnamenti.
Nella mia infanzia c’è stata una persona speciale a cui ero legata in modo straordinario, una mia carissima prozia, che porto ogni giorno nel cuore.
Zia Elena questo il suo nome, mi ha insegnato il valore della gentilezza, dell’ascolto, dell’ottimismo, l’interesse per coloro che mi circondano, la capacità di sperare e di credere. A lei devo la solidità dei sentimenti, le certezze che oggi orientano le mie scelte, ma anche la capacità di dubitare e di mettermi in discussione.
Ma ecco che si apre la porta del dottore: adesso è arrivato il nostro turno. Marco però si rivolge ai due anziani e, sorridendo, dice di entrare prima di noi, cedendo loro il posto. Loro sembrano imbarazzati, ma dopo un attimo di incertezza, ringraziano ed entrano. Lei passando mi guarda negli occhi e mi fa un sorriso mentre con un cenno della testa indica mio marito.
Allora Marco mi guarda e fa’, “ma la conoscevi già?”
Sì, si chiama Rosa.
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Una raccolta di storie straordinarie ascoltando persone nella nostra regione