
Qualche settimana fa ho dato l’ultimo saluto a Maria. Abitava nel cuore del centro storico di Napoli, in una delle tante traverse di via dei Tribunali. Da anni era costretta su una sedia a rotelle a causa di una grave malattia. Col passare del tempo, rimasta sola e senza nessuno che la aiutasse, le sue condizioni di vita si erano aggravate.
La sua storia arrivò sulla mia scrivania ai tempi in cui, da assessore al Comune di Napoli, avevo la delega alle politiche sociali.
La situazione di Maria, purtroppo, era simile a quella di tanti altri concittadini. Anche se ricoprivo quel ruolo da pochi mesi, da operatrice sociale avevo già seguito tante storie come la sua.
Così, per abitudine e per non cedere mai all’indifferenza, decisi di conoscerla di persona. Maria era una donna che aveva affrontato mille difficoltà nella vita. Abbandonata dalla madre in giovane età, non aveva mai conosciuto il padre, ma non si era mai persa d’animo. Aveva studiato e lavorato per molti anni come impiegata in una grande azienda.
Poi, verso i sessant’anni, un male terribile la costrinse sulla sedia a rotelle, su cui trascorreva ormai tutta la sua vita. Le lunghe ore in quella sua piccola ma graziosa abitazione diventavano più leggere grazie ai tanti residenti del quartiere, che si alternavano per aiutarla: chi le portava la spesa, chi le faceva le pulizie, chi passava semplicemente a farle compagnia.
Parlammo di mille argomenti, ma soprattutto del nostro amore per gli animali.
Un giorno d’inverno, durante un temporale, Maria sentì un lamento fuori dalla porta. Aprì e trovò un cane bagnato, magro, con un occhio chiuso e una zampa ferita. Senza pensarci, lo fece entrare. La mattina dopo mi chiamò, in preda al panico: non sapeva cosa fare.
Era una meticcia, probabilmente fuggita da un rifugio, senza microchip e con segni evidenti di percosse. Decidemmo di curarla. Passarono i giorni, e quella cagnolina — che Maria chiamò Zampa — rimase per sempre.
Zampa capì subito i ritmi di Maria. La aiutava a raccogliere oggetti, apriva la porta spingendola con il muso, si metteva accanto a lei quando attraversavano la strada. Ma, soprattutto, la riportò alla vita.
Ogni mattina li vedevi passeggiare insieme per le vie del centro storico. Ben presto il quartiere imparò a conoscere quella strana coppia: Maria, sul cui conto era finalmente tornato il sorriso, e Zampa, fiera e vigile come un angelo custode.
Da assessore, volli fortemente che a Zampa venisse riconosciuto il merito di aver svolto un servizio sociale più profondo di quello che spesso riesce a fare un essere umano. Fu così che, per la prima volta, il Comune di Napoli conferì a un cane la medaglia della città.
Oggi, Maria e Zampa non ci sono più. Ma ogni volta che vedo una donna in sedia a rotelle che guarda l’orizzonte, penso che le manca un cane anziano accanto. Perché in fondo, in una città come Napoli, l’amore ha sempre una forma diversa. A volte ha quattro zampe e un cuore più grande di quanto si immagini.