Incontro spesso qui, sul pontile di Bagnoli, Arturo Spighetti, noto a tutti come “Fornace”. Lui, che ha 88 anni, ha molte storie da raccontare su quell’immenso scandalo che fu l’ex Italsider di Bagnoli.
È una delle ultime memorie storiche. Non è un caso che ci incontriamo qui su questo pontile il 20 ottobre di ogni anno, una data che dovrebbe essere ricordata da tutti noi napoletani. Già perché il 20 ottobre del 1990 vi fu l’ultima colata dell’ex Italsider di Bagnoli. Pochi minuti dopo, progressivamente, quell’impianto chiuderà i battenti per sempre, trascinando con sé sprechi enormi, inimmaginabili, che Arturo ricorda e racconta con una minuzia di particolari ogni volta.
Fu proprio Arturo, il “Fornace”, colui che ebbe il compito di spegnere definitivamente l’«area a caldo», ponendo fine alla storia dell’ex Italsider.
Arturo fu assunto giovanissimo, addetto ai forni e alla colata. Ricorda quanto quell’impianto fin dai primi anni ’80 subì importanti investimenti economici per adeguarlo alle nuove norme sull’inquinamento, rendendolo tra gli impianti tecnologicamente più avanzati al mondo.
Poi, all’improvviso, inaspettatamente, l’insensata scelta di chiudere quell’impianto senza una programmazione, senza alcuna logica, senza una riconversione industriale.
Arturo sarà l’ultimo degli operai a lasciare quell’impianto, lui che all’età di appena 55 anni, con una moglie e tre figli, doveva rimboccarsi le maniche e ricominciare.
Ricominciare da una città con una disoccupazione dilagante, dove la criminalità organizzata mieteva morti ogni giorno, dove il terremoto dell’80 e il fenomeno del bradisismo avevano corroso ogni forma di speranza ed economia.
Ricorda bene quei giorni, una folla immensa di politici, esperti del settore, finanche emissari del Governo erano presenti lì ogni giorno, promettendo che in pochi mesi quell’immenso impianto si sarebbe trasformato in nuovo lavoro dedito al turismo, in grado di sfamare la sete di lavoro dei tanti Arturo e dei loro stessi figli.
Poi, come solo noi partenopei sappiamo fare, Arturo si gira verso di me e, guardando gli scheletri dei vari stabilimenti che ancora oggi, dopo 33 anni, si vedono perfettamente da quel pontile, mi dice: “Dottorè, sapete quanto furono investiti per adeguare quell’impianto? Un miliardo e duecento milioni di lire. Un numero così alto che un giovane di oggi non saprebbe nemmeno scriverlo!
Pur convertendolo in euro, sarebbe una cifra enorme, ben 620 milioni di euro, più o meno mezzo miliardo di euro.
Poi continua: “Aveva ragione Eduardo Bennato, quando nel 1989 lanciava ‘Vendo Bagnoli’. Dottorè, il tutto fu svenduto per appena venti miliardi di lire. La ‘colata continua’ venne venduta alla Cina, l’altoforno 5 all’India, i forni a calce alla Malaysia; nel 2001, il moderno treno di laminazione alla Cina e così via. La ‘svendita’ dei macchinari fruttò allo Stato circa venti miliardi di lire, contro i circa 1.200 miliardi investiti a metà degli anni ‘80!
Dottorè, oggi ho 88 anni, disoccupato da 40, vivo con una misera pensione, i miei figli vivono di turismo sì, ma non qui in Italia. Il primo dirige un albergo a New York, gli altri due vivono a Londra, dove hanno un bellissimo ristorante. A me cosa resta, tornare a casa, ascoltare mia moglie che ancora mi sopporta e respirare l’odore del mare, che non mi toglieranno mai.”
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Storie Campane di cuore e passione n. 1: La Storia di ‘Fornace’ l’ultima memoria storica dell’Ex Italsider di Bagnoli
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