Il tribunale di Napoli ha condannato a quattro anni di reclusione e al pagamento di una multa di quattromila euro Simone Isaia, il senzatetto 32enne colpevole di aver dato fuoco all’ormai famosa opera “Venere degli stracci” di Michelangelo Pistoletto esposta in piazza Municipio, nel centro di Napoli.
Ho atteso di conoscere le motivazioni relative alla sua condanna, arrivata in tempi davvero brevissimi – appena 5 mesi – ed esemplare. Una condanna che non discuto ma che ritengo debba farci riflettere e su cui dobbiamo interrogarci: qual è stato il senso? La logica non dovrebbe essere quella di attribuire alla detenzione una valenza educativa e non esclusivamente punitiva?
Ed allora mi vengono in mente alcune situazioni che è impossibile non mettere a confronto. Per esempio il caso del noto influencer che per scattare un selfie, ha danneggiato un’opera d’arte dell’800, di grande valore artistico ed economico oppure quello delle proteste ecologiste in cui molte volte utilizzano coloranti per sporcare, in modo a volte indelebile, opere d’arte dal valore inestimabile, dalla Fontana di Trevi ad opere custodite nei musei più importanti d’Italia. Ebbene, per loro, spesso il tutto si limita ad una “ramanzina”, ad una richiesta di risarcimento di pochi euro o addirittura il tutto si risolve con semplici “scuse”.
Due pesi e due misure.
Tutto questo, infatti, non vale per Salvatore Isaia, per il quale sono bastati appena 5 mesi per arrivare a una sentenza di ben 4 anni. Perché Salvatore risulterebbe un soggetto altamente pericoloso, mentre altri, per reati ben più gravi, restano in attesa di giudizio per anni, fino ad arrivare al proscioglimento per prescrizione.
Anche rispetto ai tempi di condanna c’è da riflettere: tutti ricordiamo il caso dell’influencer che, 6 mesi fa, con altre quattro persone che effettuavano riprese con il cellulare per una sfida social, uccise il piccolo Manuel di 5 anni, nel corso di un drammatico incidente automobilistico, e ferì la madre di quest’ultimo e la sorellina. Per lui furono disposti gli arresti domiciliari ed è ancora al vaglio del gip la richiesta del giudizio immediato.
Davvero non comprendo perché una persona senza dimora che ha evidenti problemi e che le istituzioni dovrebbero prendere in carico, sia considerato un soggetto così pericoloso, mentre un tiktokker o un influencer non sia da meno. Anzi, tali soggetti hanno l’aggravante di diffondere modelli sbagliati che altri giovani emulano provocando il danneggiamento non di una copia di un’opera d’arte come è accaduto a Salvatore, ma di distruggere i nostri beni artistici e culturali in modo irreversibile.
Già, perché la “Venere degli stracci” esposta a piazza Municipio, era una copia della versione in esposizione presso il Museo Madre.
Senza entrare nel merito delle motivazioni che hanno portato a una condanna così dura per Salvatore Isaia, c’è da chiedersi se essere un senza fissa dimora sia un’aggravante qui da noi, distogliendo l’attenzione invece sui tanti interrogativi che questa vicenda ha portato in evidenza, tra cui la pericolosità dell’opera esposta in un luogo pubblico, le vicende assicurative e le bizzarre rassicurazioni sulla sicurezza dell’opera; questi sì sono argomenti che dovrebbero sollecitare ben altri interrogativi.