
Fino a qualche anno fa, vedevo spesso Bruno e Zefiro attendere fuori da uno dei dormitori pubblici della città, aspettando che Marco, il loro compagno umano, uscisse.
Era uno spettacolo incredibile, che si ripeteva ogni mattina con una precisione assoluta. Quando il sole sorgeva, i due cani, che per tutta la notte dormivano a pochi passi dal dormitorio, restavano accucciati davanti al grande portone, osservando con occhi attenti ogni persona che usciva. Non si muovevano nemmeno se qualcuno portava loro del cibo o delle coperte, né se pioveva o faceva freddo. Erano fermi lì, finché non vedevano lui: Marco.
Bruno era il più vecchio dei due, mentre Zefiro, un meticcio bianco, aveva un’aria saggia e gentile. Per tutti, Marco era il “signor Marco”.
Non aveva una casa, ma era un galantuomo. Aveva avuto una vita difficile, aveva perso tutto, eppure non si lamentava mai. Viveva libero, come diceva lui, girovagando per la città e aiutando gli anziani in difficoltà. Era un punto di riferimento per il quartiere, sempre accompagnato dai suoi due fedeli compagni di vita, gli unici – ripeteva spesso – che non lo avrebbero mai tradito.
L’inverno del 2010 fu particolarmente rigido. Prima Bruno, poi Zefiro, iniziarono a respirare con difficoltà, poi a tossire sempre più spesso, fino quasi a non mangiare più. Marco cercò di curarli come poteva, avvolgendoli in vecchie coperte e dividendo con loro il poco cibo che aveva, ma non bastava.
Le loro condizioni peggioravano.
Fu allora che alcuni anziani del quartiere si attivarono, avvisando i volontari della zona. Ricordo bene la signora Anna della vicina panetteria, il giovane Fabio del supermercato, ed anche Giovanni, il meccanico dell’officina accanto, che ogni giorno si fermava a scambiare qualche parola con Marco. Coprirono le spese veterinarie, accudirono i cani, e per settimane li tennero al caldo nelle loro attività. Grazie a loro, Bruno e Zefiro vennero curati e tornarono in forze.
Passarono i mesi e l’inverno lasciò spazio all’estate. Ogni mattina, Marco usciva dal dormitorio e trovava i suoi due amici ad aspettarlo, sani e felici, scodinzolando e saltellando al suo primo sguardo.
Da anni non ho più notizie di Marco. Bruno fu il primo a lasciarci, ormai vecchio e malato, resistendo fino alla fine con tanta forza. Zefiro lo seguì qualche anno dopo. Di Marco non si sa più nulla, qualcuno racconta che abbia trovato lavoro proprio in un rifugio per cani in Campania.
Di questa storia mi piace pensare una cosa: la vera famiglia non è fatta solo di legami di sangue, ma di cuori che battono insieme.