l 20 ottobre, ricorre una data importante per la città di Napoli, 33 anni fa, esattamente il 20 ottobre 1990, con l’ultima colata, viene spenta l’«area a caldo» dell’ex Italsider di Bagnoli. Trentatré anni dopo, restano solo i cantieri, alcuni parzialmente realizzati, altri fuori norma, altri mai collaudati, di quello che sarebbe dovuto diventare un centro turistico e culturale della città di Napoli.
Ne elenco alcune, come la Porta del Parco, che nell’intento del progetto doveva diventare un centro integrato per il turismo, con piscine termali; il Parco dello Sport, con una pista ciclabile e campi sportivi; l’Acquario tematico per le tartarughe marine; il Parco urbano, con tanto di spiagge e il un porto turistico; Napoli Studios, che avrebbe dovuto ospitare la filiera delle produzioni cinematografiche; il Polo Tecnologico dell’Ambiente, un centro di eccellenza tecnologico in campo ambientale; la Linea 6 e 8 della metropolitana, con il prolungamento della linea Mostra-Mergellina, mentre la Linea 8, invece, nelle intenzioni era una nuova linea: partendo dal capolinea sotterraneo di Campi Flegrei della Linea 2.
Già, ma per realizzare tutto questo era necessario bonificare tutta l’area, compresi i terreni, il mare, il fondale e la cosiddetta linea di costa, che avrebbe dovuto ospitare anche spiagge pubbliche.
Ebbene, a distanza di oltre 33 anni, il risultato è sotto gli occhi di tutti, pur avendo investito miliardi di vecchie lire, milioni di euro, e le innumerevoli passerelle di ogni Governo che si è succeduto fino ad oggi. Eppure di sprechi ve ne sono stati moltissimi, fin quando fu decisa la chiusura progressiva della fabbrica. Basta pensare che già nel 1983, appena due anni dopo l’ammodernamento degli impianti, il Comitato per la Siderurgia ne prevede, incredibilmente, la chiusura progressiva.
E così come cantava Eduardo Bennato proprio nel 1989, inizia il “Vendo Bagnoli”, ma forse sarebbe stato corretto “Svendo Bagnoli”. Ad esempio la colata continua venne venduta alla Cina, l’altoforno 5 all’India, i forni a calce alla Malaysia; nel 2001, il moderno treno di laminazione alla Cina e così via. La “svendita” dei macchinari fruttò allo Stato circa venti miliardi di lire, contro i circa 1200 miliardi investiti a metà degli anni ‘80 per adeguare e ammodernare l’impianto.
L’impianto chiuderà ufficialmente nel 1992, poi il silenzio per anni, fino agli inizi del 2000 quando partono le cosiddette “bonifiche”, necessarie per eliminare ogni fonte di inquinamento.
Bene, anzi malissimo. Partono le innumerevoli gare per affidare quei lavori, ma partono anche sequestri, rinvii, perizie controverse. L’ultima in ordine di tempo condanna il Ministero delle Infrastrutture e il Ministero dell’Ambiente. I fatti risalgono al 2014, quando la Deme Environmental si aggiudica il bando per la rimozione della colmata a mare e la bonifica dell’area marino-costiera di Bagnoli-Coroglio.
Facciamo attenzione alle date, anno 2014. Ebbene, pur avendo aggiudicato quella gara, non ci sarà mai la firma del contratto tra la Deme e il Ministero delle Infrastrutture, che a sua volta accuserà il Ministero dell’Ambiente per non aver stabilito uno spazio alternativo per lo smaltimento del materiale a quello dell’area di Piombino dopo il disinteresse di quest’ultima. Nel 2021, la gara viene così annullata per “interesse pubblico”. Cosa scopriamo ora? Che era stata individuata un’area più vicina, la darsena di Levante del porto di Napoli, evitando così costi e impatti ambientali per il trasporto del materiale fino a Piombino a oltre 220 miglia da Bagnoli. Ed eccoci ad oggi, il Ministero delle Infrastrutture dovrà non solo pagare tutte le spese processuali, ma anche dare seguito a quella gara. Ciò che mi chiedo è se con tutti questi ritardi e con le moderne tecnologie, non sia il caso di rivedere l’impatto ambientale, ma soprattutto fare in modo che le bonifiche, dopo 33 anni, possano “finire” e non “iniziare”.
Bagnoli ad oggi, rappresenta un spreco di denaro pubblico e un’opportunità mancata per lo sviluppo del territorio, dal mare negato ai cittadini, alle migliaia di posti di lavoro nel turismo, nelle attività ricettive e sportive che avrebbero potuto portare benefici già da tempo a ben due generazioni di giovani, alcune delle quali hanno già scelto di andare via da qui.