Tra le molte storie che ho incrociato nel mio ruolo di Assessore alle Politiche Sociali del Comune di Napoli, c’è quella del signor Luigi, oggi ultra ottantenne, che mi va di raccontare proprio oggi, in questo primo maggio.
Luigi è uno dei tanti padri della nostra regione che ha trascorso molti anni della sua vita lavorando duramente, cambiando più volte lavoro nella disperata ricerca di un contratto, una speranza ormai sopita da tempo.
Nel corso della sua vita, mi ha raccontato di aver svolto svariati lavori: cameriere, aiuto cuoco, elettricista, antennista e addirittura usciere in uno dei comuni colpiti dal terremoto degli anni ottanta. Ha trascorso lunghe ore in lavori mal retribuiti o in nero, arrivando alla soglia dei settanta senza mai ottenere un minimo riconoscimento per una futura pensione.
Luigi ha vissuto in uno dei quartieri più difficili di Napoli, in una di quelle zone che per anni abbiamo indicato soltanto come “periferie”, dove le tentazioni e le pressioni per una vita più semplice e denaro facile erano costanti. Tuttavia, nonostante tutto, ha preferito mantenere la sua dignità, evitando di cadere nella criminalità.
Mi ha parlato di Mario, Antonio, Gennaro, suoi coetanei e amici d’infanzia. Mario ha perso la vita per overdose da giovanissimo; Antonio è finito in carcere per furti vari; Gennaro è oggi in una casa di detenzione nel nord per rapina.
Luigi avrebbe potuto seguire lo stesso destino dei suoi amici, ma ha resistito alla tentazione di cadere nell’illegalità, nonostante le difficoltà in cui il nostro sud imperversava negli anni ’80 e ’90.
Ho incontrato Luigi più volte, e ancora oggi mi racconta dei suoi enormi sacrifici per garantire un futuro migliore ai suoi tre figli.
Come molte storie difficili di questa città, la sua ha avuto un lieto fine. I suoi figli sono cresciuti nella legalità, grazie anche alla moglie che ha tenuto unita la famiglia anche durante le lunghe notti in cui Luigi lavorava senza contratto in uno dei tanti cantieri edili della città.
E così, i suoi tre figli sono tutti laureati: il primo in architettura, la seconda in ingegneria meccanica e il terzo in economia e commercio, una delle facoltà più richieste negli anni ’90 qui al sud.
Tuttavia, nonostante i suoi sforzi abbiano prodotto buoni frutti, c’è un po’ di amarezza. I figli di Luigi, infatti, non hanno avuto la possibilità di restare nella loro città: hanno trovato lavoro al nord, dove le opportunità sono maggiori. Ma dietro il loro successo c’è il duro lavoro e la dedizione dei genitori, che hanno lottato ogni giorno per offrire loro una vita migliore.
In questa giornata del primo maggio, voglio dedicare il mio pensiero a tutti coloro che, come Luigi, sono costretti a lavorare in condizioni difficili, e a coloro che continuano a lottare per un futuro migliore per i propri figli. Rivolgo un incoraggiamento a coloro che sono costretti a emigrare verso il nord in cerca di lavoro, sperando che un giorno il sud possa offrire le stesse opportunità senza dover sacrificare la propria dignità.
La nostra regione si svuota sempre di più, e con il pericolo della cosiddetta “Autonomia Differenziata”, questo divario sarà sancito e porterà ad ulteriori fughe dei nostri giovani dalle nostre terre. Ecco, questo primo maggio, dobbiamo essere come Luigi: non arrenderci mai.
Continuiamo a lottare affinché il primo maggio sia una celebrazione non solo per coloro che hanno un lavoro, ma anche per coloro che lottano silenziosamente per mantenere la propria dignità.